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24/09/2013  - INTERVENTO DEL DOTT. ETTORE ANGIONI AL CONVEGNO SU “PROCESSO PENALE E PROCESSO MEDIATICO” TENUTOSI A LANUSEI IL 21 SETTEMBRE 2013


PROCESSO PENALE E PROCESSO MEDIATICO

Sono particolarmente lieto di recare il saluto mio personale e quello dell’intera magistratura requirente del Distretto, che idealmente rappresento, agli organizzatori di questa interessantissima giornata di studio, imperniata su un tema di scottante attualità quale quello dei rapporti fra informazione e giustizia, con particolare riferimento al processo penale.

Un concomitante, improrogabile impegno a Cagliari mi impedirà, mio malgrado, di presenziare ai lavori e me ne dispiace sinceramente anche per la stima che nutro nei confronti degli illustri colleghi, degli Avvocati e dei rappresentanti della stampa che interverranno in veste di relatori.

Consentitemi però di effettuare alcune brevi considerazioni e lo farò partendo da una frase pronunziata in un Convegno sul caso dell’assassinio della studentessa Marta RUSSO da Ferdinando IMPOSIMATO, già Senatore, ma prima per lunghi anni uomo di punta dell’allora Ufficio Istruzione del Tribunale di Roma, il quale ebbe a dire testualmente che “La stragrande maggioranza degli errori giudiziari nasce dall’influsso dei giornali sulla pubblica opinione e di quest’ultima sui giudici popolari”.

Una frase pesante, pronunziata da chi di vicende processuali di grande impatto mediatico si intendeva!

Una frase pesante, che la dice tutta sulla importanza decisiva che possono assumere le notizie propalate e diffuse nei giorni immediatamente successivi ad un grave fatto di sangue, ad uno stupro, ad un attentato … E tanti sono i casi che mi vengono in mente e che hanno interessato l’opinione pubblica … Penso a Valpreda e alla strage di Piazza Fontana … Penso, andando ancora a ritroso nel tempo, al famoso processo del “c. d. Gobbo del Quarticciolo” di Roma o all’ancor più famoso caso, sempre romano, del “biondino di Primavalle”, Lionello Egidi, che chi ha più di sessant’anni non può non ricordare … Ma penso anche a quel caso, mi pare verificatosi a Milano, di quel padre che si vide accusato di stupro e per questo privato financo della potestà genitoria, il quale poi dopo lunghi anni di indagine sarebbe risultato assolutamente innocente … Penso ancora a fatti più recenti, dei nostri giorni, come quello di Sarah SCAZZI, la giovinetta uccisa ad Avetrana … Tutti casi da “mostro in prima pagina”, non di rado divenuti tali anche in virtù di incaute e pubbliche affermazioni categoriche da parte di certi magistrati inquirenti!

Ma penso anche al fatto sconcertante dell’ascolto in certi salotti televisivi di interi brani di intercettazioni che ancora debbono essere sottoposte al vaglio degli inquirenti e all’esame della corretta interpretazione del linguaggio adoperato!

Non vorrei essere frainteso! Sia chiaro che nessuno vuol mettere in dubbio il sacrosanto diritto all’informazione, che è garantito dalla nostra Carta Costituzionale, ma esso dovrebbe marciare di pari passo col diritto, ancor più sacrosanto, di qualsivoglia soggetto che dovesse essere sospettato di aver commesso un reato a che venga mantenuto segreto, fino alla discovery, il contenuto degli atti di indagine compiuti.

Va da sé infatti che la pubblicità delle emergenze processuali, specie nella fase delle indagini preliminari, può essere di grave nocumento per le indagini stesse e, quindi per l’accertamento della verità.

Purtroppo siamo sempre più subissati di resoconti giornalistici e di trasmissioni televisive, con tanto di sopraluoghi, di esperimenti giudiziari, di testimonianze, di ascolti di interi brani di intercettazioni ambientali e telefoniche … Siamo sempre più subissati di trasmissioni televisive, alle quali accade, ahimè, che, oltre ai difensori degli indagati, partecipino talvolta anche dei Magistrati, Magistrati magari che, pur operando da sempre nel settore della giustizia minorile, disquisiscono e trinciano giudizi sulle più varie vicende … omicidi, traffico di droga, associazioni per delinquere … ancora sottoposte al vaglio dei loro colleghi.

E’ così che il processo finisce per svilupparsi sempre più al di fuori dei palazzi di giustizia, che dovrebbero esserne l’unica sede naturale, coinvolgendo emotivamente i cittadini, che subiscono ripercussioni, formandosi dei convincimenti fuorvianti.

Di chi la colpa di situazioni del genere, che possono provocare danni immani ad una persona? … Danni che neanche un’eventuale futura assoluzione con ampia formula potrà attenuare, anche perché – e questa è una ulteriore pecca della stampa – normalmente, a fronte delle notizie iniziali a titoli cubitali che inchiodano inesorabilmente un determinato soggetto a quella che parrebbe essere una responsabilità conclamata, la notizia finale dell’eventuale assoluzione vien data con un trafiletto che neppure il più attento dei lettori riesce a percepire.

Non vi è dubbio che in casi siffatti debbano essere chiamati in causa gli Avvocati, i giornalisti e, in ultima analisi, gli stessi Magistrati, che non sempre si attengono alle regole di correttezza richiamate dalla legge e dai relativi codici deontologici, ai quali occorre che tutti debbano adeguarsi.

Il Codice deontologico forense, aggiornato al 15 Luglio 2011, all’art. 18 dice espressamente che “nei rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di diffusione l’Avvocato deve ispirarsi a criteri di equilibrio e misura nel rilasciare interviste, per il rispetto dei doveri di discrezione e riservatezza”, soggiungendo che “in ogni caso nei rapporti con gli organi dell’informazione e con gli altri mezzi di diffusione è fatto divieto all’Avvocato di enfatizzare la propria capacità professionale … di sollecitare articoli di stampa o interviste sia su organi di informazione sia su altri mezzi di diffusione …” e che “è fatto divieto altresì di convocare conferenze stampa, fatte salve le esigenze di difesa del cliente”.

Si tratta di disposizioni che poi ricalcano sostanzialmente le norme che regolano il comportamento del giornalista e che sono contenute nel codice di deontologia del 1998, laddove vien sottolineato che “il dovere più pregnante del giornalista e caposaldo del diritto di cronaca è quello di verità, considerato dalla stessa Carta dei doveri quale “obbligo inderogabile”, nel senso che “un’informazione che occulta o distorte la realtà dei fatti impedisce alla collettività un consapevole esercizio della sovranità”.

Alla luce di siffatte regole il giornalista deve garantire anzitutto l’obbiettività dell’informazione, così da sentirsi libero da qualsivoglia stato di sudditanza o portatore di un interesse in conflitto col dovere di verità.
Analogamente l’Avvocato ha l’obbligo di serbare un contegno improntato alla massima discrezione e riservatezza, evitando di fornire agli organi di informazione notizie che siano coperte dal segreto di indagine.

Esiste però anche un codice etico della magistratura, approvato il 13 Ottobre 2010 dal Comitato direttivo centrale della Associazione Nazionale Magistrati, che però non viene sempre tenuto a mente e viene anzi disatteso da non pochi colleghi.

Si tratta di un codice che prende significativa posizione proprio sul delicato versante dei rapporti col mondo dell’informazione; al di là da quelli che sono i doveri di correttezza, di imparzialità e di equilibrio del magistrato, viene espressamente ricordato che “nei contatti con la stampa e con gli altri mezzi di comunicazione egli non può e non deve anzitutto sollecitare la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio e, nel fornire le notizie che gli siano consentite, deve evitare la costituzione o l’utilizzazione di canali informativi riservati o privilegiati e deve, comunque, evitare di partecipare a trasmissioni nelle quali sappia che le vicende di procedimenti giudiziari in corso saranno oggetto di rappresentazione in forma scenica”.

E occorre dire che fra i mali interni all’apparato giudiziario talvolta vi è anche la parossistica tendenza alla personalizzazione, che prende la forma della corsa dei singoli magistrati, in specie quelli delle Procure, ad accaparrarsi l’inchiesta che conta, con una ricerca esasperata della visibilità per la propria inchiesta, da alimentare anche con l’accorta somministrazione alla stampa di verbali di intercettazioni telefoniche o, quel che è più grave, di copia dei verbali di esami testimoniali resi magari appena un’ora prima; somministrazione che è assolutamente vietata dalla legge, trattandosi in genere di verbali coperti dal segreto istruttorio, per non parlare poi della fuga di notizie, in ordine alla quale nessuna Procura della Repubblica a memoria d’uomo è mai riuscita ad individuare ed a punire gli eventuali responsabili.

Uno stato di cose che avrebbe termine se si intervenisse con un provvedimento legislativo che sancisse il divieto assoluto di pubblicare sulla stampa nominativi e foto di magistrati incaricati di questa o di quest’altra inchiesta.

Di recente lo stesso Presidente NAPOLITANO, in relazione alla vicenda del “Monte dei Paschi”, ha parlato di corto circuiti negativi fra Procure e informazione in virtù di una inclinazione ad usare le indagini senza rispettare i confini della riservatezza e del segreto e per questo incorrendo nel rischio di notizie false che in quel caso specifico potrebbero avere gravi ripercussioni anche sui mercati ed ha chiesto alla magistratura di fare “chiarezza” e a tutti rispetto dell’interesse generale, ponendo in guardia dal rischio di un polverone mediatico che turbi i mercati e che magari getti fumo in una eventuale campagna elettorale che sulla vicenda stessa sta scaricando veleni, guerre e propaganda.

Concludo questo, che ha voluto essere un intervento provocatorio, ricordando agli Avvocati, ai rappresentanti della stampa, agli uomini e alle donne della polizia giudiziaria e agli stessi magistrati o almeno a quei pochi che dovessero essersene dimenticati, che i processi si fanno solo ed esclusivamente nelle aule di giustizia e che occorre bandire ogni forma di spettacolarizzazione del processo penale, come avviene sempre più spesso oggi con quel “rito televisivo”, che fa emergere una realtà diversa rispetto a quella che poi nascerà dal processo vero e proprio, alla quale non fornirà alcun ausilio, restando utile solo a se stessa ed allo “spettacolo” che in quel momento si sta celebrando.

Ricordiamoci tutti che il processo penale dovrebbe avere quale unico fine la ricerca della verità per poi assolvere o condannare gli imputati … e che da esso – come accennavo – ogni altro fine dovrà assolutamente restar fuori.

Ettore Angioni

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